Tavolo ventitré.
" Due minuti a mezzanotte "
e due ore.
Due vite, anche,
a intrecciare
centoventi(tre) minuti
a risate leggere.
Tavolo 23.
Una birra rossa
di zolle rivolte nei campi,
nella giovane sera
colma del caldo sapore
delle foglie.
Ambra
- stil la all' o riz zon te -
sciolta in liquida luce,
a pennellare due volti
di freddo, frizzante
tepore.
23.
Occhi, i tuoi, che distillano
- vicine, sapidissime - gocce
del profumo di Dio.
Dio tessuto d'Amore,
nucleo ardente
di folle passione.
Cosa ti può mancare, Onnipotente?
Sinfonia
di una danza perfetta.
E no, non lo so spiegare il perché
- capogiro del cuore -
sto commosso di stupore
per colpa di un Dio
che sa mendicare
un palpito
d'amore.
Foglia bruciata da un vento selvaggio.
Donna di fumo,
cerulea prostituta.
Sigaretta aspirata a pieno fiato.
Sei minuti...
poi spenta sull'asfalto.
Foglia infranta da quel vento selvaggio.
donna di vetro,
puttana.
Appannata dai cuori
ipocriti;
dalle dita voraci denudata.
Foglia straziata dal vento selvaggio.
donna?
trastullo a fugare
l'angoscia graffiante
che pulsa
per fianchi disperati.
E, foglia abbandonata,
sono occhi di rugiada ad accettarti.
Accarezzata da un fresco ammiccare,
liquida affermazione,
mendicante di polvere... bevi!
Sposa trasfigurata, pupilla di luce...
a
Io non riesco a capire, Dio, il perché
di questo giocare a nascondino con Te.
Sembri scappare,
sgusciare tra le dita,
lucciola tremolante di speranza.
Tu che sola potevi rischiarare
il mio stentato
arrancare
nel buio catrame,
che mi impegola il cuore.
Annaspo,
passero spacciato,
abbandonato
ad un viscoso arrendermi.
O forse non sarà
che è una calda coperta questa pece,
che la mia oscurità in fondo mi culla?
Gonfio e pigro,
arenato per abitudinarie spiagge
di autosufficiente,
banale